Esperienza alla casa di reclusione di Milano Bollate


Avete mai visto un carcere da fuori? Bene o male sono tutti uguali: casermoni grigi recintati da mura in calcestruzzo e con le inferriate alle finestre. Passare davanti ad una struttura del genere fa un po’ venire i brividi, tutti pensiamo: “se fuori è così agghiacciante allora chissà come sarà dentro…”. Lo stesso potrebbe essere per il carcere di Bollate, però ciò che rappresenta fuori quella triste e seria struttura è totalmente l’opposto di quello che è realmente al suo interno. L’esempio di come in verità è questo carcere lo hanno vissuto tre classi del nostro istituto: la 5^CLS, la 5^BAG e la 5^DAG.
La prima impressione che si ha appena si entra nel carcere milanese è quella di non essere all’interno di una casa di reclusione. Le mura sono dipinte da disegni colorati che rendono l’atmosfera leggera e molto tranquilla. I ragazzi della nostra scuola sono stati accolti da una dottoressa della struttura e da due carcerati che svolgono attività di volontariato e che hanno subito spiegato l’organizzazione del carcere e il suo diverso funzionamento rispetto a quello di altre prigioni. Ciò che è emerso è che Bollate è un luogo dove i carcerati non sono controllati da secondini, non sono chiusi tutto il giorno nelle celle e non hanno l’ora d’aria qualche volta in una giornata. I cortili sono aperti durante le ore di luce, i carcerati possono spostarsi nelle loro sezioni liberamente e tutti sono completamente autonomi, ma vengono comunque controllati attraverso le telecamere che sono installate in tutto il penitenziario. Rispetto alle altre carceri i detenuti che lavorano assunti da aziende esterne che cooperano con la struttura sono circa 300 su 1500, molti di più rispetto al “normale”.
I ragazzi della nostra scuola hanno poi avuto la possibilità di visitare la biblioteca del carcere, dove hanno ascoltato le storie, i punti di vista e le riflessioni dei detenuti. Il più commovente è stato sicuramente il racconto di Andrea, un ragazzo che ha passato la maggior parte dei suoi anni in diverse carceri per spaccio di droga e che finalmente a Bollate ha trovato l’ambiente e le persone in grado di poterlo aiutare a cambiare. Andrea ha condiviso con gli studenti anche gli aspetti più personali della propria vita, facendo emergere un’interiorità completamente diversa da ciò che c’è fuori; un po’ come l’essenza di Bollate. In particolare, ha raccontato la sua infanzia difficile, trascorsa all’interno di una famiglia particolarmente famosa nell’ambiente criminale, in cui lo spaccio di droga, la morte dei propri cari e la paura erano delle costanti. Andrea è cresciuto con una concezione diversa di giusto e sbagliato e, non avendo nessuna figura di riferimento in grado di spiegargli la differenza, spesso non è stato in grado di capire i propri errori nel corso degli anni.
Dopo aver ascoltato anche le storie di altri detenuti, i ragazzi hanno potuto confrontarsi con i carcerati e porre loro alcune domande. Per questi ultimi, questo è stato un momento catartico: la possibilità di parlare con le persone, esprimersi e dialogare è sembrata essere per loro liberatoria.
Una volta concluso il momento di confronto in biblioteca, Andrea ha accompagnato i ragazzi in altre zone significative del carcere di Bollate, come ad esempio il cortile, nel quale i detenuti hanno la possibilità di passare del tempo all’aria aperta. Poi il teatro, dove alcuni dei carcerati realizzano spettacoli aperti anche al pubblico oppure dove vengono proiettati dei film. La visita si è conclusa in uno dei luoghi più importanti della casa di reclusione di Milano Bollate: la zona dei call center, nella quale alcuni detenuti hanno la possibilità di lavorare per guadagnare uno stipendio utile per il proprio sostentamento e per quello delle proprie famiglie. Il fatto che i carcerati possano svolgere una mansione all’interno della casa di reclusione rappresenta sicuramente uno dei punti di forza di questo penitenziario, in quanto favorisce, oltre ad una più o meno cospicua quantità di denaro, la futura indipendenza dei detenuti. Questi ultimi, infatti, hanno la possibilità di imparare un mestiere che potrebbe diventare il loro lavoro una volta scontata la propria pena. Inoltre, questo vantaggio per i carcerati ha un ruolo importante anche per quanto riguarda la questione della recidiva: non è un caso che Bollate sia il carcere con il tasso di recidiva più basso in Italia.
In conclusione, quello che traspare dalle relazioni di alcuni dei ragazzi che hanno avuto il privilegio di vivere questa esperienza è l’idea secondo cui sia giusto che una persona che ha commesso un errore debba pagarne le conseguenze, ma allo stesso tempo, una volta uscita dal carcere, che ella abbia tutti i mezzi necessari per poter riprendere in mano la propria vita. Per questo motivo Bollate rappresenta un punto di riferimento per le case di reclusione italiane: in quanto dà la possibilità ai detenuti di comprendere l’errore commesso e le cause che lo hanno determinato e al tempo stesso fornisce loro tutti i mezzi per poter ricominciare a vivere una volta usciti. Altro punto di riflessione emerso dalle relazioni è legato ai pregiudizi. Molti quando entrano in un carcere pensano di trovarsi davanti le peggiori persone del mondo, quando in realtà si tratta di gente comune che si potrebbe incontrare ovunque. Talvolta si associa alla figura dei detenuti la parola “criminali” nel suo senso più oscuro. In realtà, anche se possono essere definiti tali dato che hanno infranto la legge, non bisogna dimenticarsi che prima di essere detenuti sono esseri umani, il cui errore di una determinata circostanza non necessariamente si ripeterà. Ma anche se questo accadesse, è importante ricordare che spesso gli sbagli sono dettati da concezioni sbagliate della realtà, ed è quindi fondamentale che i detenuti siano aiutati da un personale specializzato per riuscire a migliorare, come accade nella casa di reclusione di Milano Bollate.
Ringraziamo quindi, a nome di tutti, i ragazzi e i professori che si sono resi disponibili come accompagnatori, il carcere di Bollate e i detenuti che hanno condiviso le loro storie.
Marzia, Chiara, Tommy, Chris e Il Gualto.
L’immagine utilizzata per questo articolo è stata creata da Carles Rabada ed è pubblicata su Unsplash
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