''La fattoria Clarkson'': dalle supercar ai trattori
 
            
         
    
La Fattoria Clarkson è una serie televisiva prodotta da Amazon Prime Video che racconta l’esperienza dell’ex conduttore di Top Gear, Jeremy Clarkson, alle prese con la gestione di una fattoria in Inghilterra. Questa serie è molto diversa da ciò che si aspetta da lui: niente auto veloci, niente test su strada, ma solo trattori, pecore, pioggia, fango e tanti errori da principiante.
Nonostante può sembrare noiosa a prima vista in realtà è una serie estremamente interessante e divertente e in certi momenti anche riflessiva. Clarkson, con il suo stile ironico e a volte arrogante, riesce a trasformare una semplice storia di campagna in qualcosa che cattura l’attenzione anche di chi non ha mai messo piede in una fattoria. La prima stagione di “La Fattoria di Clarkson” è uscita nel 2021 e segue Jeremy Clarkson mentre prova a gestire una fattoria di 400 ettari nel Cotswolds, una zona rurale dell’Inghilterra.
La fattoria, chiamata inizialmente “Diddly Squat Farm” era già di sua proprietà da anni, ma veniva gestita da un contadino professionista. Quando quest’ultimo si ritira, Clarkson decide di provarci lui stesso, anche se non ha nessuna esperienza. Ogni episodio si concentra su un tema legato all’agricoltura di fatto si va dalla semina e raccolta del grano all’allevamento delle pecore, alla gestione delle spese fino all’apertura del suo negozio agricolo. In tutto questo, Clarkson si confronta con problemi reali come il cambiamento climatico la burocrazia inglese e la crisi economica che colpisce gli agricoltori. Uno degli elementi che più si apprezza della serie è sicuramente il cast.
Oltre a Jeremy Clarkson, ci sono diversi personaggi secondari che diventano quasi protagonisti. Kaleb Cooper: un giovane agricoltore locale, esperto e molto diretto. Anche se è dipendente di Clarkson, spesso lo rimprovera o lo prende in giro per le sue scelte sbagliate. È diventato uno dei personaggi più amati dal pubblico. Gerald: un altro aiutante, con un accento cosi forte che spesso non si capisce cosa dica. Ma è competente e lavora duramente. Lisa hogan la compagna di Clarkson che lo aiuta nella gestione del negozio e nella vita quotidiana. Ognuno di loro contribuisce a rendere la serie più autentica e divertente, creando un bel contrasto tra l’arroganza comica di Clarkson e la serietà del lavoro agricolo. Il bello di questa serie è che riesce a far ridere pur trattando temi molto seri. Clarkson fa spesso errori assurdi: compra un trattore troppo grande perché “sembra figo” ignora i consigli degli esperti, o cerca di guadagnare soldi vendendo prodotti artigianali a prezzi esagerati. Ma dietro le sue battute si nasconde una realtà dura: fare l’agricoltore oggi è difficile, e i guadagni sono spesso bassissimi rispetto al lavoro svolto. La serie mostra anche come il clima influisca sull’agricoltura: piogge improvvise, siccità o parassiti possono distruggere un raccolto in pochi giorni. E non mancano critiche alla burocrazia, che a volte complica le cose invece di aiutare in Italia soprattutto. Tutto questo viene mostrato senza diventare pesante, grazie al tono ironico e alla capacità di Clarkson di prendersi in giro da solo.
La Fattoria di Clarkson è una serie che sorprende. Riesce a combinare comicità, realtà, natura e critica sociale in un solo modo. È educativa senza essere noiosa, divertente senza essere stupida. Fa ridere, ma lascia anche qualcosa su cui riflettere. Per questo, secondo me, vale la pena guardarla, anche solo per capire un po’ meglio il mondo dell’agricoltura e il lavoro che c’è dietro le cose semplici della nostra vita quotidiana.
Per questo articolo, ho voluto trattare questa serie perché ho uno zio che possiede un’azienda agricola in Sicilia. Lui come tutti gli imprenditori agricoli d’Italia ha una grandissima difficoltà quando si parla di burocrazia perché ormai negli ultimi anni è diventata troppo eccessiva per quanto riguarda alcuni regolamenti per l’allevamento di animali. Soprattutto però per le entrate e le uscite di una piccola azienda come quella di mio zio, il lavoro svolto per crescere ad esempio un animale non viene ripagato al momento della vendita. Ormai in quasi tutti i casi sono molte di più le perdite che i guadagni, perché ad oggi è tutto importato da paesi esteri. Tutto ciò non favorisce le aziende italiane, portandole a non sostenere le spese e quindi a scegliere tra due strade. La prima è chiudere definitivamente la propria azienda oppure la seconda di infrangere la legge in vari modi per andare avanti. A mio parere per la situazione burocratica ormai assurda ad oggi in Italia e mettendosi nei panni di un imprenditore agricolo, è comprensibile scegliere la seconda strada cioè infrangere la legge anche se sbagliata e sanzionabile.
 
     
 
                    
                
             
 
                    
                
             
 
                    
                
            
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