Grazie al dazio! - Il protezionismo di Trump

Tommy
Scritto da Tommy -
Grazie al dazio! - Il protezionismo di Trump

Già durante il suo primo mandato, il Presidente Donald Trump si è sempre distinto per una politica economica principalmente protezionista, con l’obiettivo di proteggere l’economia statunitense dalle incertezze dei mercati esteri e ribilanciare i rapporti economici. Sembrerebbe che lo stesso Presidente stesse aspettando con ansia il momento in cui riprendere in mano il potere economico degli Stati Uniti, annunciando una nuova serie di dazi.

Questa notizia ha generato molto scompiglio nei mercati e tutti si sono messi a cercare online cosa sia effettivamente un dazio.

Per sintetizzare, un dazio è una tassa applicata sulle merci che vengono importate o esportate da un paese. In pratica, quando un prodotto entra in un paese dall’estero, può essere tassato con un dazio doganale, che aumenta il prezzo delle merci importate, rendendo più competitivi i prodotti locali rispetto a quelli stranieri Tornando a noi, il 2 aprile, definito da Trump stesso il “Liberation Day”, è stata annunciata una nuova ondata di dazi.

A partire dal 5 aprile 2025, è stato applicato un dazio del 10% su tutte le importazioni negli Stati Uniti, con l’eccezione di alcuni prodotti energetici e minerali non disponibili internamente. Dal 9 aprile 2025, sono stati introdotti dazi aggiuntivi su circa 60 nazioni, con tariffe variabili in base al presunto squilibrio commerciale con gli Stati Uniti. I casi più eclatanti sono senza dubbio i dazi del 20% sull’Unione Europea, del 32% su Taiwan, del 46% sul Vietnam e, soprattutto, i dazi imposti alla Cina. Con essa, infatti, gli Stati Uniti hanno intrapreso una vera e propria guerra commerciale, basata su un rilancio continuo e reciproco di dazi da un Paese all’altro, come se fosse una partita a poker. Inizialmente, alla Cina sono stati imposti dei dazi del 34%, ma essa ha risposto con dei dazi analoghi agli Stati Uniti.

Dunque, Trump aumentò ulteriormente i dazi del 50%, portando l’incremento totale dei prezzi dei prodotti cinesi dell’84%, più un ulteriore 20% dalle tasse già imposte prima dell’amministrazione Trump, arrivando quindi al 104%. Oltre a ciò, su tutti i prodotti automobilistici è stato imposto un dazio del 25%. Se volessimo farci una risata, allora varrebbe la pena anche specificare che Trump ha imposto dei dazi del 10% a due isole disabitate dall’uomo, le isole Heard Island e McDonald Island, popolate principalmente da pinguini. Ma la cosa più divertente è che una settimana dopo l’annuncio dei dazi, il Presidente ha deciso di sospendere i dazi per 90 e scendere a trattative con gli altri Paesi a parte la Cina, che ha ricevuto un ulteriore aumento dei dazi del 20%.

Come ci si poteva aspettare, queste decisioni quasi spasmodiche per la loro imprevedibilità hanno avuto gravi ripercussioni sul mercato globale.

La prima è un rallentamento della crescita economica e il crollo delle borse: Il Fondo Monetario Internazionale ha ridotto le previsioni di crescita globale per il 2025 al 2,8%, citando l’impatto dei dazi statunitensi come principale causa. Inoltre, i dazi hanno portato a un aumento dei prezzi per i consumatori statunitensi, con un incremento medio delle spese annuali di circa 1.243 dollari per famiglia. Infine, le tariffe hanno causato interruzioni nelle catene di fornitura globali, aumentando i costi per i produttori statunitensi che dipendono da componenti importati, specialmente nel settore manifatturiero.

Dunque, ci troviamo in un periodo di grande incertezza, poiché le politiche di uno dei presidenti si basa su una scommessa molto rischiosa, ossia quella di ristabilire le aziende sul suolo americano. A questo punto, nessuno ci capisce più un dazio.

Tommy

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