Magia e memoria - dove questi due mondi si incontrano


1 - STORIA DELL’ARTE MNEMONICA
La storia dell’arte mnemonica ha radici antichissime, dobbiamo scavare infatti fino alla Grecia del poeta lirico Simonide di Ceo che per un aneddoto divertente venne battezzato come il padre delle tecniche mnemoniche.
Ci troviamo in una realtà molto diversa dalla nostra, nella quale Simonide era ospite presso il re tessalo Skopas per cantare un componimento celebrativo sulla recente vittoria in battaglia di quest’ultimo. Una volta finita la sua performance, il poeta uscì dal palazzo e questo crollò seppellendo Skopas e i suoi commensali. I loro volti erano sfigurati impedendone una qualsiasi identificazione, ma con grande sorpresa, Simonide riuscì a identificare ogni commensale in quanto aveva memorizzato perfettamente il posto che ognuno di essi occupava attorno alla tavola. Ovviamente la vicenda di Simonide non è l’unica ad aprire le porte al mondo delle mnemotecniche, un altro grande personaggio infatti, decise di affrontare il medesimo tema in maniera scientifica. Stiamo parlando del noto oratore e avvocato romano: Marco Tullio Cicerone. Il metodo che usava Cicerone per memorizzare i suoi lunghi discorsi è ormai noto a molti: immaginava di posizionare lungo percorsi a lui familiari delle immagini mentali in grado di richiamare la successione degli argomenti che avrebbe dovuto trattare.
L’efficacia di questo metodo è garantita grazie al fatto che la successione di immagini che Cicerone si ricordava non erano sterili e ripetitive, bensì paradossali. L’utilizzo di immagini assurde aiuta infatti la nostra memoria per due motivi: il primo è che il nostro cervello ricorda più facilmente immagini, piuttosto che parole, dati o numeri… e quando le immagini sono accompagnate da altri canali sensoriali, tracciano un solco ancora più profondo nella nostra memoria. Il secondo motivo riguarda un’osservazione effettuata da Cicerone: egli si era accorto che la memoria più antica dell’uomo è quella spaziale. L’utilizzo di luoghi a noi già noti per il deposito di nuove informazioni sotto forma di immagini si rivela un’arma incredibilmente efficace.
I personaggi che hanno contribuito allo sviluppo delle tecniche mnemoniche non sono finiti. Pietro da Ravenna ad esempio è stato il primo a pubblicare un vero trattato propedeutico sull’arte mnemonica. Tradotto in numerose lingue divenne in poco tempo un vero e proprio bestseller internazionale. Grazie al successo ottenuto, la Repubblica di Venezia concesse a Pietro e a un editore a sua scelta l’esclusiva stampa del suo libro. Questo evento è ricordato come il primo esempio conosciuto di copyright.
Giordano Bruno, altro esponente del panorama mnemonico era in grado di recitare una quantità innumerevole di passaggi della Bibbia e di poemi di Ovido. Ha scritto il “De Umbris Idearum”, una delle opere più famose nel panorama dell’arte mnemonica. Il desiderio di scrivere un trattato simile gli nacque a seguito di un incontro con Enrico III, il quale chiese al mnemonista se le sue capacità fossero frutto del duro lavoro o erano pura arte magica. Bruno fece provare al re le sue tecniche per appurare il fatto che fossero autentiche. Il suo stratagemma per ricordare era quella di sviluppare una serie di ruote concentriche che gli consentissero di creare delle immagini per ogni lettera dell’alfabeto e così, quando doveva imparare un discorso parola per parola, trasformava ogni composto di lettere in immagini che nella sua mente ricostruivano i concetti da ripetere.
Il personaggio più rivoluzionario di tutti però fu Goffredo Leibniz. Egli aveva un sogno: creare un linguaggio universale basato su elementi minimi comuni a tutte le lingue. Questa sua volontà gli permise di perfezionare una tecnica già esistente, chiamata conversione fonetica. Leibniz usò un alfabeto che gli consentisse di convertire le cifre da zero a nove in suoni. Questi suoni avrebbero poi suggerito delle parole più facili da ricordare rispetto a una serie anonima di numeri. Qui riporto la tabella che serve per la conversione fonetica:
Cifre corrispondenti | Suoni |
---|---|
1 | T, D (suoni dentali) |
2 | N, GN (suoni nasali) |
3 | M (suono mugulante) |
4 | R (suono vibrante) |
5 | L, GL (suoni liquidi) |
6 | C, G (suoni dolci) |
7 | C, G (suoni duri) |
8 | F, V (suoni laboiodentali) |
9 | P, B (suoni esplosivi) |
0 | Z, S, SC (suoni sibilanti) |
La tecnica è la seguente: da una lista lunga di cifre da ricordare, si prendono i numeri a coppia o in piccoli gruppi, ognuno dei quali lo si trasforma in parola grazie alla conversione fonetica e a sua volta ogni parola diventa un’immagine. ESEMPIO: il numero da ricordare è 75 🡪 7= C+G / 5= L + GL 🡪 ciò che bisogna fare ora è aggiungere le vocali per creare una parola, ad esempio GaLlo. Allo stesso modo il numero 865 Può essere rappresentato da: F,V / C,G / L,GL🡪 la parola che immaginiamo nella nostra mente potrebbe essere: FaCiLe
Tutte queste tecniche vengono ancora oggi utilizzate nelle “Memoriadi” ovvero campionati di memoria, dove bisogna ricordare lunghe liste di parole, numeri decimali o binari, date storiche, associazioni di nomi – visi e l’ordine di interi mazzi di carte mescolati casualmente. La cosa stupefacente è che il campione di memoria mondiale è un italiano: Andrea Muzzi, un vero vanto per il nostro paese.
2 - MAGIA E MEMORIA
Quello raccontato fino a qui è senza dubbio interessante, ma sicuramente vi stare chiedendo cosa c’entrano tutti i personaggi e le tecniche meconiche con la magia, che risulta essere un’arte più pratica che mentale.
In realtà la memoria è fondamentale e determinante nella magia, in quanto l’illusionista è un manipolatore non solo degli occhi – in quanto il trucco non deve essere svelato – ma anche nell’ “ingannare” le percezioni degli spettatori.
Alla fine di un qualunque gioco di prestigio, lo spettatore ricorderà infatti un’esperienza diversa da quella che è accaduta realmente. Parliamo, ad esempio, di un gioco classico di magia: la pallina che sparisce dalla mano. Lo spettatore dopo che vedrà questo gioco ricorderà (e racconterà agli amici) di aver visto la pallina nella mano del mago e dopo uno schiocco di dita come essa si sia smaterializzata; quando in verità, la pallina non è stata MAI messa in mano, ma prontamente nascosta dal prestigiatore. Come dice la psicologa statunitense Susan Clancy, specializzata nello studio della memoria: “È molto facile confondere ciò che vediamo con ciò che crediamo di vedere”. Il mago si serve dunque di questo stratagemma per rendere le sue performance ancora più impossibili e magiche!
Oltre a questo, i prestigiatori utilizzano le illusioni percettive per creare l’effetto di qualcosa che appaia insolito e dunque magico. Un fenomeno molto studiato e utilizzato è il “completamento amodale”: ovvero una parte di un oggetto viene nascosta e il cervello ricostruisce mentalmente la parte occultata, creando un’esperienza non per forza sovrapponibile alla realtà.
Per rendere più chiaro questo concetto vi propongo l’illusione ottica riportata nell’immagine in alto: in questo caso, il triangolo nero non esiste, ma il nostro cervello completa le informazioni ricevute dai cerchi bianchi creando l’illusione del triangolo.
Un altro esempio del completamento amodale potrebbe essere che il mago prenda una scatolina di un mazzo di carte ROSSA, la apra ed estragga il mazzo in cui la prima carta è ROSSA. Ora, nella mente degli spettatori il mazzo che il mago sta utilizzando è rosso, ma basterebbe una piccola destrezza per mostrare che il mazzo sia diventato magicamente BLU. Qui l’effetto è sconvolgente per gli spettatori in quanto, secondo loro, il mago è stato in grado di cambiare colore a tutte le carte del mazzo, quando la realtà dei fatti è ben diversa: l’intero mazzo era già di colore blu, ad eccezione della prima carta, ma con un pizzico di trucco magico e la memoria sapientemente direzionata lo stupore è assicurato.
Oltre a questi stratagemmi che servono, come abbiamo detto, per distorcere la realtà, la memoria può essere utilizzata come vera e propria arte performativa. Il massimo esponente di questo ambito è il prestigiatore – mnemonista Vanni De Luca, che ha ideato un numero di multitasking in cui è in grado di completare un quadrato magico, mentre risolve un cubo di Rubik e, nello stesso tempo, recita a memoria la Divina Commedia partendo da un verso scelto a caso dal pubblico. Il trucco? Beh tanto, anzi tantissimo allenamento.
La magia, dunque, non si realizza solo nei giochi di mano o nei trucchi ben congegnati, ma soprattutto nei ricordi che lascia dietro di sé. È proprio lì, nel confine sottile tra ciò che è visto e ciò che è ricordato, che nasce lo stupore. Non importa cosa sia davvero accaduto, ma ciò che resta impresso nella mente. Perché il mago più abile non è quello che inganna gli occhi, ma quello che riesce a incantare la memoria.
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