Recensione a ''Le notti bianche'' di Dostoevskij
Le notti bianche è un celebre racconto dello scrittore e filosofo russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij, pubblicato nel 1848.
Quest’opera narra dell’ incontro nei pressi della città di San Pietroburgo tra un giovane uomo di ventisei anni e Nasten’ka, una ragazzina di diciassette. I due ogni sera si danno appuntamento per confrontarsi sulle proprie vite e condividere confidenze per quattro notti consecutive, finché Nasten’ka non lo lascerà solo.
Il protagonista non rivela mai il suo nome, ma gli viene attribuito il soprannome di “sognatore”, per via della sua decisione: rimanere a sognare nel suo piccolo mondo evitando di interfacciarsi con la realtà. Nasten’ka invece è una giovane ragazza che vive con la nonna, molto più solare e vivace del sognatore con progetti concreti per il suo futuro e con l’intenzione di sfuggire dalla vita monotona di San Pietroburgo. Tra i piani della giovane però c’è l’aspettare il nuovo inquilino di cui si era innamorata che le aveva promesso di ritornare da lei l’anno successivo. Inoltre il sognatore afferma di rifugiarsi nei sogni a causa della solitudine che lo tormenta da tutta la vita. Questo tema viene affrontato da Dostoevskij in modo approfondito e chiaro per tutta la durata dell’ opera insieme al tema dell’amore non corrisposto trattato in modo più che comprensibile e diretto con il rifiuto da parte di Nasten’ka nei confronti dell’uomo.
Oltre ai temi per me Dostoevskij in tutto libro riesce a far empatizzare il lettore al sognatore che racconta per tutto le quattro notti il suo vissuto cupo e monotono e facendo percepire nel migliore dei modi il volere del personaggio di avere qualcuno accanto a lui che non sia frutto dei suoi sogni o solo di passaggio. Lo scrittore russo descrive il concetto chiaramente tramite la seguente frase: “Invano il sognatore cerca una scintilla fra le ceneri dei suoi vecchi sogni, una scintilla dalla quale far divampare un fuoco per scaldare il cuore gelato, dalla quale far rinascere quello che prima era tanto caro,che toccava l’anima e faceva ribollire il sangue, che strappava le lacrime agli occhi e che ingannava così maestosamente.”
Questo libro personalmente può essere considerato come un vero e proprio capolavoro.
Lo stato d’animo del protagonista è descritto alla perfezione, si sa tutto su di lui, tranne il suo nome e questo aspetto per me incuriosisce e fa riflettere molto. Dall’altro lato Nasten’ka ha una personalità molto enigmatica e particolare, ma Dostoevskij con la sua bravura riesce a farci intuire già dall’inizio le sue intenzioni finali.
La trama è molto elementare, ma nella sua semplicità riesce a non essere noiosa, ripetitiva e scontata, anzi molto attuale e coinvolgente.
Una curiosità che rende il racconto più interessante per me è che anche se la durata del libro è di circa ottanta pagine il sognatore nomina Nasten’ka più di centotrenta volte, mentre la ragazza non gli chiede mai il suo nome. Questo aspetto mette in evidenza l’interesse del sognatore alla vita della giovane, che invece sembra quasi fregarsene dei pensieri e dello stato d’animo del giovane che pensava di aver trovato finalmente la persona giusta.
Infine questo libro non si rivolge a un pubblico specifico, perché è per tutti e dovrebbe essere letto da chiunque, ma soprattutto da chi come il sognatore vede i sogni come un riparo per non affrontare la realtà e per sfuggire a le malvagità che a volte il mondo riserva.
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